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Capitolo 1
Gli Evangelisti e loro iconografia
L'inserimento della teologia cristiana nel teatro della produzione artistica del periodo cosiddetto paleocristiano, portò con se nuovi protagonisti iconografici che da un inizio "ermetico" divennero, successivamente, sempre più espliciti e preponderanti rispetto ai tradizionali soggetti classici.
Nelle citazioni del Vecchio e Nuovo Testamento, le figure dei Profeti e degli Apostoli ebbero certamente un ruolo cardinale nel sostegno della figura centrale del Cristo; rivestono, altresì, un valore altrettanto importante gli estensori del "Vangelo", ovvero "il Vangelo quadriforme, secondo Matteo, Marco, Luca e Giovanni." (1) Il significato etimologico di evangelisti deriva dall' annunciare lieti eventi che, nel senso cristiano, si integra con la figura ed il messaggio di Cristo . Sebbene nel Nuovo Testamento abbiamo alcune citazioni di questo termine, riferite a personaggi direttamente o indirettamente legati a Cristo, la consuetudine all'uso con l'attuale significato cominciò verso la fine del sec. II° con i primi autori cristiani. Nel flusso delle variazioni dell'ordine di successione degli E. si impose la cadenza determinata dalla Vulgata di Girolamo : Matteo, Marco, Luca, Giovanni. Contemporaneamente si determinò l'assegnazione di una creatura simbolica ad ogni E., la cui analogia ha costituito un problema mai risolto in modo soddisfacente. Il dato certo è comunque la derivazione complessiva delle figure che palesemente emergono da due passi della Bibbia, ovvero da Ezechiele 1, 1-28 : "(...) Al centro apparve la figura di quattro esseri animati, dei quali questo era l'aspetto: avevano sembianza umana e avevano ciascuno quattro facce e quattro ali.../...ognuno dei quattro aveva fattezze d'uomo; poi fattezze di leone a destra, fattezze di toro a sinistra e, ognuno dei quattro, fattezze d'aquila (...)." e Apocalisse di Giovanni 4, 1-11: "(...) sette lampade accese ardevano davanti al trono, simbolo dei sette spiriti di Dio. Davanti al trono vi era come un mare trasparente simile a cristallo. In mezzo al trono e intorno al trono vi erano quattro esseri viventi pieni d'occhi davanti e di dietro. Il primo vivente era simile a un leone, il secondo essere vivente aveva l'aspetto di un vitello, il terzo vivente aveva l'aspetto d'uomo, il quarto vivente era simile a un'aquila mentre vola (...)". Autori cristiani come Ireneo di Lione, relazionano gli E. ai quattro esseri viventi dei citati passi biblici; ne conseguì una costruzione teologica riguardante l'unità tematica e spirituale dei vangeli e il quadruplice aspetto di Cristo (2). Nell'assegnazione degli esseri ai singoli E. vi sono state nei primi secoli alcune differenziazioni tra i fondatori della teologia cristiana; si possono citare Ireneo che, testimoniando le attribuzioni toro-Luca (costante nel tempo), leone-Giovanni, uomo-Matteo e aquila-Marco, contrasta con le citazioni di Agostino (De consensu evangelistarum, I, 6,9) : "(...) unde mihi uidentur qui ex apocalypsi illa quattuor animalia ad intellegendos quattuor euangelistas interpretati sunt probabilius aliquid adtendisse illi, qui leonem in mattheo, hominem in marco, uitulum in luca, aquilam in iohanne intellexerunt, quam illi, qui hominem mattheo, aquilam marco, leonem iohanni tribuerunt de principiis enim librorum quandam coniecturam capere uolerunt, non de tota intentione euangelistarum, quae magis fuerat perscrutanda (...)". traduzione: "(...) quelli che dall'Apocalisse interpretarono quei quattro animali, per comprendere i quattro evangelisti, mi sembrano avessero rivolto l'attenzione a qualcosa più probabilmente quelli che percepirono il leone in Matteo, l'uomo in Marco, il vitello in Luca, l'aquila in Giovanni, che quelli che attribuirono l'uomo a Matteo, l'aquila a Marco, il leone a Giovanni. Infatti dall'inizio vollero comprendere l'interpretazione dei libri, non su tutta l'intenzione, la quale fu dovuta esaminare maggiormente (...)". dove le corrispondenze sono interscambiate tra Matteo. Marco e Giovanni. Altri autori, come Epifano (3) (De mensuris, 35) descrivono invece gli abbinamenti Matteo-uomo, Marco-leone e Giovanni-aquila, i quali, confermati e canonizzati da Girolamo, costituiscono la definitiva stesura simbolica. Le ragioni di tali corrispondenze simboliche hanno avuto interpretazioni diverse. Girolamo ebbe un forte peso con il tradizionale approccio di derivazione biblica secondo cui il primo elemento di una serie indica l'insieme di essa (4) (in contrasto, come si è visto, con le tesi di s. Agostino che preferiva basarsi sull'impostazione dominante emergente dallo studio del singolo vangelo); in tal modo si presero gli incipit dei vangeli quali "indicatori di tono" degli stessi e sublimati nella simbologia dei rispettivi esseri alati; ovvero: Matteo è associato all'uomo in quanto descrive la genealogia umana di Cristo: "Genealogia di Gesù Cristo figlio di Davide, figlio di Abramo. Abramo generò Isacco, Isacco generò Giacobbe, Giacobbe generò Giuda e i suoi fratelli, Giuda generò Fares e Zara da Tamar, Fares generò Esrom,(...)". Marco sottolinea la voce forte e ispirata nel deserto del messaggero Giovanni Battista, per cui nasce l'analogia con il leone: "Inizio del vangelo di Gesù Cristo, Figlio di Dio Come è scritto nel profeta Isaia: -ecco, io mando il mio messaggero.../...Voce di uno che grida nel deserto (...)". Luca ispira il toro ( animale rituale particolarmente popolare nelle civiltà mediterranee) per via del rito del sacrificio, officiato da Zaccaria sacerdote: "Al tempo di Erode, re della Giudea, c'era un sacerdote chiamato Zaccaria.../...Mentre Zaccaria officiava davanti al Signore nel turno della sua classe, secondo l'usanza del servizio sacerdotale (...)". Giovanni, infine, viene correlato all'aquila grazie al suo inno al Verbo, ovvero per la "posizione più alta" tenuta dalla sua testimonianza, in senso spirituale e metaforico, personificata dall'essere che si libra alle maggiori altezze del creato: "In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio (...)". Tale approccio viene quindi promosso e ufficializzato da s. Girolamo (Commentarii in Ezechielem, 1,cap -s.s-,linea 191 ) (5) "(...) matthei, quod hominem descripserit: liber generationis iesu christi, filii dauid, filii abrahm; leonis ad marcum referunt: initium euangelii iesu christi, filii dei sicut scriptum est in esaia propheta: uox clamantis in deserto: parate uiam domini, rectas facite semitas eius; uituli ad lucae euangellium, quod a zachariae incipit sacerdotio; aquilae ad ioannis exordium, qui ad excelsum euolans coepit: in principio erat uerbum, et uerbum erat apud deum (...)". traduzione: "(...) di Matteo, che avrà descritto l'uomo: il libro della generazione di Gesù Cristo, del figlio David, del figlio Abrahm; attribuiscono a Marco del leone: l'inizio del vangelo di Gesù Cristo, del figlio di Dio come è stato scritto in Isaia profeta: la voce del grido nel deserto: preparate la via del Signore, fate dritti i suoi marciapiedi; il vangelo del vitello a luca, che comincia da Zaccaria al sacerdozio; l'esordio dell'aquila a Giovanni, che volando comincia verso l'alto: in principio era il verbo, e il verbo era presso Dio (...)". Le analogie non si chiudono, comunque, in tali motivazioni ma si aprono ad altri significati, che Girolamo individua nelle quattro qualità degli elementi: "(...) sunt qui simpliciter in quattorim animalibus, iuxta hippocratis sententiam quatuor arbitrantur elementa monstrari de quibus constant omnia: ignem, aerem, aquam, terram (...)". traduzione: "(...) sono che semplicemente nei quattro animali, credono che i quattro giusti elementi dimostrano la sentenza di Ippocrate sui quali tutte si fondono: fuoco, aria, acqua, terra (...)". alle suddivisioni del tempo che costituiscono l'anno e le stagioni: "(...) annum que uertentem qui ab lo quod semper uestatur et in se redeat nomen acceperit, de quibus pulchre uno uersiculo dictur est: uer, aestas, autumns, hiems, et mensis, et annus (...)". traduzione: "(...) l'anno che cambia, il quale e in sé torna, avrà preso il nome, sui quali è stato detto bene con un verso: primavera, estate, autunno, e mese, e anno (...)". E, ancora, considera le "virtù cardinali" , le quali rispettano anch'essi la suddivisione quaternaria: "(...) audisse me memini quattuor pertubationes, de quibus plenissime cicero in tusculanis disputat: gaudii, aegritudinis, cupidinis et timoris, quorum duo praesentia, duo futura sunt, per quattuor significari animalia.../...quibus que oppositae sint, immo impositae, uirtutes quattuor: prudentia, iustitia, fortitudo, temperantia, ut earum gubermentur arbitrio; quae quomodo uultibus hominis, leonis, uituli que et aquilae coaptentur, omnino tacuerunt; (...)". traduzione: "(...) ricordo di avere ascoltato quattro perturbazioni, sulle quali abbondantemente Cicero nelle Tusculane disputa: delle gioie, della tristezza, del desiderio e del timore, delle quali due sono presenti, due future, per quattro animali essere indicate...ai quali sono opposte, anzi imposte, le quattro virtù: prudenzia, giustizia, fortezza, temperanza, affinchè governassero nel loro arbitrio; le quali si adattassero ai volti dell'uomo, del leone, del vitello e dell'aquila, tacquero del tutto (...)". continua prossima pubblicazione (1) da Vangelo e Atti degli apostoli, Edizioni Paoline (cfr, S. Ireneo. Adv. Haer. III.11,8; PG 7, 885: ed. SAGNARD, p.194)
Theorèin - Giugno 2004 |